Nei giorni scorsi il Senato ha approvato la legge sul “fine vita” che rappresenta un passo avanti per garantire a ciascuno, in ogni fase della propria esistenza, la difesa della propria dignità e le cure necessarie. Al centro del provvedimento c’è il rapporto di cura tra il paziente, i medici, i familiari, basato sul consenso dell’interessato per evitare che ogni decisione – di avviare o di sospendere le cure – sia assunta senza che egli o ella ne sia protagonista. Come dice la nostra Costituzione all’articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario (compresa la nutrizione o alimentazione artificiale che prevede un intervento medico) contro la sua volontà, per interesse di altri o per accanimento terapeutico. A meno che non sia in gioco la salute della collettività come avviene nel caso dell’obbligo delle vaccinazioni. Ma se non vi sono rischi per la salute degli altri, la volontà di ogni persona deve essere rispettata. E questa volontà – con la nuova legge – può essere espressa anche in modo anticipato rispetto a condizioni in cui il malato non possa – a causa della sua situazione – esprimersi al momento. Ma sempre rimane aperta la possibilità per i medici e i familiari di intervenire laddove nuove scoperte o nuovi sviluppi della malattia consentano di migliorare la condizione della persona.
Qui potete trovare una sintesi esplicativa della legge