“A Sarajevo Ratko Mladic volle portare avanti una campagna micidiale di bombardamenti e cecchini – A Srebrenica volle perpetrare genocidio, persecuzione, sterminio, assassinio e atti disumani attraverso trasferimenti forzati “Carcere a vita per i crimini commessi nella ex Jugoslavia. Questa la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale penale internazionale dell’Aja nei confronti di Ratko Mladic, ex capo delle milizie serbe all’ergastolo e conosciuto come il “macellaio di Bosnia”, per reati di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. È accusato di essere responsabile dell’assedio di Sarajevo e del genocidio di Srebrenica contro i bosniaci durante la guerra in Ex-Jugoslavia, dove morirono 8.372 morti accertati musulmani considerati come esseri inferiori. Donne, uomini e bambini, senza distinzioni gettati in fosse comuni. Impossibile esaminare tutte le migliaia di stupri, razzie e devastazioni di quel periodo. Correva l’anno 1995 e anche in Occidente c’era un certo timore a parlare di genocidio per evitare conseguenze. Lui è «il paradigma del male», commenta l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Raad al Hussein: «Questa sentenza è un avvertimento agli autori di crimini del genere: non si sfugge alla giustizia». Oltre alle testimonianze sulle atrocità compiute, a condannare il generale serbo Ratko Mladic sono i suoi 18 quaderni di appunti scritti durante gli anni della guerra nell’ex Jugoslavia, in Kosovo, in Bosnia e nel corso dei mille giorni dell’assedio di Sarajevo: è da questo diario che emerge tutto l’odio che provava nei confronti della comunità musulmana, oltre che dell’Occidente colpevole, a suo dire, di appoggiare i musulmani bosniaci per ottenere in cambio vantaggi economici e strategici dalle nazioni del Medio oriente. La sentenza dell’Aja è basata anche su questo prove autografe.
Con questa sentenza si riconosce la portata del più grave massacro d’Europa dopo la Seconda guerra mondiale e si afferma con chiarezza che nessun crimine di guerra può restare impunito.