Lettera inviata al Presidente Giandomenico Falcon, in occasione dell’incontro promosso dalla Consulta con i parlamentari eletti in Trentino per discutere del Documento preliminare “Indicazioni per la riforma dello Statuto di autonomia”.
Gentile Presidente,
La ringrazio vivamente per il gentile invito all’incontro promosso dalla Consulta con i parlamentari eletti in Trentino per discutere del Documento preliminare “Indicazioni per la riforma dello Statuto di autonomia”.
Purtroppo, a causa di impegni istituzionali assunti in precedenza, non riesco ad essere presente e me ne rammarico sinceramente perché ritengo di grandissima importanza il lavoro svolto dalla Consulta e la promozione di questo momento di confronto. Per questo mi scuso e mi auguro vi siano presto altre occasioni di incontro.
Ho letto con attenzione il Documento preliminare e voglio esprimere anzitutto il mio vivo apprezzamento e il mio ringraziamento a tutti i membri della Consulta per il lavoro svolto.
Nella speranza di poterVi fare avere una mia riflessione più meditata, mi permetto di sottoporVi alcune brevi riflessioni indotte dalla lettura del Documento.
La prima riguarda l’utilità e l’opportunità di un Preambolo allo Statuto. Riflettere su un eventuale Preambolo è molto utile perché costringe tutti a ragionare sull’identità della propria comunità. Tuttavia, a differenza dei Preamboli nati “a caldo” nel momento della fondazione di una comunità (basti pensare ai Preamboli contenuti nella Costituzione americana o tedesca, quasi “sgorgati” spontaneamente da un sentire comune…), i Preamboli nati a “freddo” non sempre sortiscono l’effetto desiderato. Penso all’esperienza dell’Unione Europea in cui ancora oggi si discute su ciò che c’è e su ciò che non c’è.
Se non c’è una forte e diffusa condivisione, il Preambolo può risultare insignificante o addirittura divisivo, quasi mettendo in ombra il reale terreno del convergere, ossia il testo vero e proprio dello Statuto. In fondo la Costituzione repubblicana non ha Preambolo e ciò non è affatto una sua debolezza. Questo non significa non tentare di scrivere assieme un Preambolo, ma significa farlo con la dovuta discrezione e con la sapienza di chi sa che la vera forza delle Costituzioni, degli Statuti e delle Dichiarazioni dei Diritti non sta nelle ragioni che motivano un accordo – che possono essere diverse e tutte rispettabili – o nella storia che ha portato ad un’intesa – che può essere anche plurale – ma nella comune accettazione di principi e norme.
La seconda riguarda il tema dei diritti. L’autonomia speciale è radicata nella tutela dei diritti delle minoranze linguistiche che sono, in Costituzione e nelle Carte internazionali, diritti fondamentali della persona. Ora la Regione trova qui il suo fondamento e giustamente va mantenuta la natura tripolare dell’assetto e la distinzione tra il momento regionale, più ordinamentale e di tutela dei diritti fondamentali, e il momento amministrativo, ormai prevalentemente in capo alle Province. A me pare che questo ruolo di garanzia delle minoranze, ma di tutte le minoranze e quindi delle persone, potrebbe essere maggiormente sviluppato in capo alla Regione anche in considerazione dell’attenzione odierna a nuovi diritti degli individui (legati al genere, all’orientamento sessuale, all’età, alla condizione). In questa direzione si può valorizzare la competenza in materia di gestione del personale amministrativo della Giustizia attribuita all’ente regionale e pensare alla Regione del domani come una cornice comune – sia pure articolata nelle due comunità provinciali – di tutela dei singoli e delle minoranze. Qui sì potrebbe essere messa alla prova l’esistenza di una storia comune, di comuni tradizioni, di un comune sentire e la Regione potrebbe trovare un suo ruolo, come arena di discussione e decisione su temi tanto delicati e attuali. Un modo anche di riavvicinarla ai cittadini. Ciò senza negare un suo rafforzamento, come è scritto, sul piano delle competenze ordinamentali, amministrative, di coordinamento e di cooperazione.
La terza questione riguarda il tema dell’apertura internazionale. L’origine e la legittimazione dell’autonomia riposa in una storia e in accordi che sono tipicamente internazionali. Senza questa origine, che va rinnovata, la nostra specialità si annacqua. Anche su questo piano va rafforzato l’incastonamento dell’autonomia speciale nella trama delle relazioni europee, del diritto europeo e delle istituzioni europee, non solo sottolineandone il ruolo nel processo ascendente e discendente dai territori locali all’Unione e viceversa, ma anche prevedendo la possibilità di rafforzare gli strumenti di cooperazione euroregionale e transfrontaliera, ambiti nei quali la Regione dovrebbe esercitare un ruolo più incisivo.
Un’ultima osservazione. Il lavoro della Consulta si concentra evidentemente sulla riforma dello Statuto. Tuttavia il rinnovamento delle istituzioni autonomistiche deve coinvolgere anche piani diversi, e pure cruciali, come il piano legislativo, procedurale e regolamentare. Penso alla legge elettorale e alla questione di genere (che pure potrebbe trovare menzione nello Statuto come in Costituzione). Penso alle inammissibili pratiche ostruzionistiche. Penso alla necessità di introdurre per le nostre Assemblee Legislative dei Codici di Condotta (come nel Parlamento Europeo e nel Parlamento italiano) per garantire al di là dei vincoli di legge il rispetto di principi e norme di deontologia ed etica pubblica. La legittimazione e il rafforzamento dell’autonomia passano anche per l’introduzione di strumenti innovativi a questi livelli.
Nel ringraziarVi nuovamente per il lavoro svolto e auspicando ci siano presto altre occasioni di confronto, Vi invio i miei più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.